martedì 4 novembre 2014

FACE THE UNKNOWN

Eritis sicut dei. Non puoi tentennare di fronte a niente.

Chi sono?

Ho la faccia coperta di cicatrici, stento a ricordare come me le sono fatte. Ogni tanto la mano scorre sulle guance, da sotto gli zigomi al mento. Sorrido solo da un lato, so che non ricordo nemmeno qual è il colore dei miei capelli.
Perchè? Perchè il tempo cancella. Il tempo distrugge. Aiuta, in un certo modo. Chi è Delilah? Perchè questo nome continua a girarmi in testa? E' come un vortice. Sono nell'occhio del ciclone, ho lottato per uscirne. Adesso è come se oltre me non esistesse niente. Il ciclone ha pareti di vetro. Io vi guardo, eppure sono così distante.

Chi sono?

Passo accanto a una vetrina, ci guardo dentro e chi vedo non sono io.

Serafel. Serafel. Serafel. Che significa Serafel?

E' notte. Passi sulla strada, un altro viaggiatore notturno come me. Mi nascondo tra le ombre perchè lo voglio vedere. Lo squadro dalla testa ai piedi. Circa la mia altezza. Mi piace come si muove. Quell'uomo ha qualcosa di fluido, sembra un luccio. Forse aspetta qualcuno.

Chi sono?

Nel dubbio, lo seguo. Lui però se ne accorge perchè si volta.
[Ma il suo nome lo ricordo bene. Astrid. Chi è?]

Occhi verdastri si fissano nei miei. Sorrido, solo da un lato.
 - Salve! - dico.
Lui mi fa un cenno senza rispondere. Siamo soli in strada. La strada di notte è piena di malintenzionati. Non avere paura di me.
Mi schiarisco la voce. - Ho bisogno di un'informazione. -
Lui si ferma, china la testa di lato - Chieda. - voce soffiata. Ha paura. E' come un topo. Peccato sia troppo grande per fare il topo.

Astrid. Gus. Serafel. Annie. Delilah. Gustav. Meng. Theodore. Delilah. Arkadij. Rox. Delilah. Astrid. 
Non può fare nient'altro perchè sono più veloce di lui: annullo le distanze, uno scatto e gli sono addosso. Lo trascino dentro il vicolo che sa di pulci e piscio di gatto, e muffa, e del suo collo nella mia morsa. E stringo, stringo, stringo fino a quando non gli tolgo il respiro e dei suoi occhi verdi e maleodoranti non rimane che un soffio. E poi sparisce anche quello.
Respiro piano, mi guardo attorno. Non mi ha visto nessuno.

Astrid. Chi eri? 

Tutto , tutto scivola via. Il tempo lenisce, il tempo distrugge. Io qui adesso, non sono altro che l'ennesimo Uomo Nero, quello senza faccia, quello che ti fa male. L'orrore che non vuoi vedere e che lasci nascosto sotto il letto. Tu non puoi rinchiudere l'orrore. Ti compare alle spalle.

Astrid.

Un lampo accecante che è la lama del mio coltellino. Gli strappo via la faccia, ed è come se l'avessi fatto più e più volte. Non rimane che sangue e muscoli e ossa. Come-Siamo-Fatti. Divertente.

Delilah. Delilah. Delilah. 
Lecco il sangue dal coltellino, lo rimetto via, poi cambio i miei vestiti con quelli del morto. Gli frugo nelle tasche, leggo i documenti, leggo tutto quello che potrebbe servirmi. Ora lui ha i miei vestiti. E i miei documenti. Ed è senza faccia. Qua nel Rim nessuno farà ricerche. Adesso c'è solo una cosa che devo fare per completare la messa in scena.
Tolgo la fede che avevo al dito. Forse ero sposato.

Del...Deli...D...
Lo metto al suo anulare, con tanti cari saluti. Chiunque io fossi, ti ho lasciato la patata bollente, amico, i giochi sono fatti. Prima o poi ti troveranno.
Ora il coltellino è sulla mia faccia. Affondo e taglio, taglio quanto più riesco a sfoltire. Credo di aver sempre odiato le mie guance. Digrigno i denti , vorrei ululare come un cane lupo bastonato. Ma in un certo senso mi piace.

D. 

Sangue che investe la strada sporca, muffa, sangue e cadavere. Cerco le labbra per morderle ma no, non credo di avere più labbra. E' una sensazione di pace. Unknown. Sono io. Forse va bene così. Cospargo il cadavere di benzina. Accendo una sigaretta, l'ultima Ganesha del pacchetto. Io mica fumo.
Do' fuoco al corpo e già mi sono voltato. Alban Darko non mi riguarda più. Chi diamine è Alban Darko?

Io mi chiamo Christoff Lange e ho appena subito una brutta aggressione. 

venerdì 3 ottobre 2014

STIU

 - Non le dirò nulla sull'operazione, sulla struttura o su chi mi ha aiutato. -

Una sola frase, una mancata collaborazione che sancisce anni di condanna.

I giorni passano troppo veloci. Oppure sono semplicemente io che perdo il conto e in realtà sono entrato solo ieri. Ci sono cose che vorrebbero perdersi e io sto lottando per tenermele tutte strette addosso. Quello che sono. Quello che ero. 
Secondo l'Ammiraglio, il carcere ti cambia. Ti segna. Ti piega. Può essere. Ma di certo non cambierò per colpa degli altri.
L'altro giorno nell'ora d'aria è scoppiata una rissa. C'era uno che mi diceva che baravo. Non ricordo nemmeno chi ha cominciato a picchiarsi, ma alla fine quando ci hanno separato avevo un occhio nero e lui il naso spezzato. Ci siamo stretti la mano, io e Mick.
Comunque baravo. 
Ieri ci siamo spaccati di botte. Ancora una volta. Non con Mick, con un altro. Il mio compagno di stanza, un truffatore di Koroleva. Dice che russo. Ma io non russo.
E poi c'è Collins che si fa le seghe e mugola di notte peggio di un fottuto bovino a Greenfield. Un giorno di questi lo soffoco. Non è facile.

Mi è venuto a trovare un tipo strano, un certo Q.
Faticavo a capire che diceva, la parlata Rimmer non l'ho mai capita benissimo, poi lui sembrava venire dal buco di culo più infognato di quel posto che disconosco. Mi ha detto che ha una lista di persone che mi hanno fatto del male, e che mi segue da tanto. Mi ha detto che mi vendicherà, come un giornalista. Me la sono risa con lui: quel fottuto rimmer sembrava un giornalista tanto quanto io sembro un prete.
Mi ha mandato i saluti del signore degli incubi. E io so che aveva ragione e che un giorno verrà davvero a trovarmi.

Il nuovo Deputy è simpatico. L'ho incontrato oggi. Mi ha ricordato Arkadij. Non perchè ci somigliasse, quanto perchè è più facile che un Deputy mi piaccia. Ci vogliono le palle quadre per essere un Deputy, tra le Giacche Blu.
Qualche volta ho pianto pensando ad Arkadij. Qualche volta ho pianto pensando all' angelo. Ma tutto quello che la riguarda è mio e solo mio.

E poi mi è venuto a trovare T. Mi ha detto che ha trovato la ragazza. Buon per lui, spero che sia felice.
In carcere sembra che il tempo passi troppo lento e troppo veloce.

A
. si è fumato una sigaretta davanti a me parlandomi di desiderio. E' marcio, tutto marcio. Ci fosse stato lui dietro le sbarre, avrei dato il tutto per tutto per poter aprire le gambe a una troia e scoparmela davanti a lui. Quello sì che lo farebbe incazzare, buon A., caro compagno di bisbocce.

E poi è venuta a trovarmi D. Mi chiede come sto.

 - Qua è difficile. S
ono abituato al carcere ma è sempre qualcosa che ti spezza. Quanto mi piaceva quella fottuta maschera. E' sempre un far credere a tutti che mi sto divertendo un mondo perchè se cedo poi mi convinco che non è così.
 

E le chiedo se è stata con qualcuno. Mi risponde sì, clienti. E io non mi trattengo. La guardo dritta negli occhi e so che la odio e che se potessi le salterei con le mani alla gola per farla smettere di ridere e piangere e singhiozzare per me. Clienti. Mi dice che è stata con i clienti.
 

- Ma che ci avrai mai trovato di eccitante a fuggire da New London per andare a fare la puttana. - 
E lei se ne va. Fottiti. Era esattamente quello che volevo.

venerdì 26 settembre 2014

INTELEGERE

Adam mi ha detto "Tu hai gli occhi del demonio."
Io ho premuto il grilletto e gli ho fatto saltare il cervello.
E' con questi occhi che ho aggiustato il treppiedi, ho preso la mira e ho dato il colpo di grazia a un uomo buono.
Alla fine, se solo mi dispiacesse uccidere, direi che sono stato più triste per Adam che per lui, perchè Adam sta marcendo all'Inferno, e per lui non c'era scampo, e lo sapeva.
L'uomo buono invece era ancorato alla sua triste, triste idea di un 'Verse migliore. Non  avrebbe mai capito in che posto orribile viviamo per castigo divino.
Non sono triste per lui: l'ho aiutato a finire la sua corsa, prima di venire deluso.
L'ho aiutato a capire che il lieto fine non esiste.

ECLIPSA

"Le sue mani su di me."
Avevo bisogno di vederlo, un mostro. Il mostro sotto il letto, il tuo mostro dell'infanzia, D.
E allora l'uomo nero è tornato a New London. Da quanto tempo non vedevo mamma?
A casa mia niente è bloccato nel tempo: non è servita la morte di mio padre, figurarsi il fatto che sono scappato. Mia madre mi ha abbracciato. Secondo me ha dimenticato tutto.
 - Di cosa hai bisogno?
Non ha pianto. In effetti, non l'ho vista mai spendere una sola lacrima. Nè per me, nè per Victor.
 - Di Victor. - la mia unica risposta.
E mamma l'ha chiamato. Sempre più magro e curvo, sopracciglia a pensilina e l'aria di chi annusa merda tutto il tempo. Mia madre l'ha convinto a farmi un piccolo favore. Mia madre ha sempre avuto un grande ascendente su mio fratello.
E Victor mi ha lanciato addosso le fotocopie.

Adam Loverts.
Redland Rose Street, 256.


Flash.
Posteggio la moto a mezzo isolato dalla casa, ci arrivo dal retro. Ho osservato il vicinato per tutto il giorno. E anche la casa.
Redland Rose Street, 256. Una villetta a schiera come tante, piuttosto brutta, nella piccola città di Chestershire.
Flash.
Sua moglie, la seconda, se ne va a comprare le sigarette Sogghigno perchè in genere chi compra le sigarette scompare, questa volta sarà diverso. Entro in casa da una delle finestre basse lasciate aperte. Che coglione, Adam. Peccare dovrebbe averti reso paranoico. Invece te ne stai lì come un bufalo in veranda a spippettarti con la foto di tua figlia.
Flash.
Faccio cadere un vaso a terra. Maledetto vento, dici.
Esco alle tue spalle con la Weyland silenziata stretta in mano.
Tic Toc goes the clock.

"Alzati e parliamo."
L'orologio a muro è snervante, mi fa male la testa, così male che non riesco nemmeno a capire che cazzo mi dici, Adam. Non che mi importi, voglio solo farti pisciare addosso dalla paura.
L'uomo nero che terrorizzò il Mostro sotto il letto.
E poi mi dici "Quanto vuoi? 100 dollari? 200?" COGLIONE.
"Non voglio soldi."
Sei nelle mie mani, la canna della Weyland te l'ho premuta sulla nuca. Un calcio e Adam rotola in avanti.
"DIMMI DEI GIOCHI CHE FACEVI CON TUA FIGLIA."
Il mal di testa continua, deve smettere, fallo smettere, Adam, non mi provocare e andrà tutto bene, morirai, sì, ma subito. E invece no, cazzo, Adam, stai dicendo solo cose sbagliate, tutto, tutto sbagliato.
"Chi sei?"
Sorrido "Buh. Sono l'uomo nero."
... "Chi ti ha mandato?"
Lui ride e rido pure io. Mi hanno detto che è un buon modo di provare i nervi degli altri. E poi se rido penso meno al dolore martellante contro le tempie. Cristo, sembra che mi stiano colpendo con due badili in sincronia.
"Sono uscito dalla tua testa."
Va bene, non so come ci siamo arrivati, mi trovo a premergli con il piede sullo sterno, poi lui spara cazzate, e fa quel movimento brutto, schiocca la lingua contro le labbra, che cazzo di senso ha?
E io gli sparo contro la rotula, prima però metto su un po' di musica, alzo il volume così al massimo si becca un reclamo dai vicini, ma nessuno pensa che lo sto scannando come un vitello. E lui urla, esce tanto sangue, come quello che usciva da...ti sei divertito a prenderla?
E ancora il bastardo trova la forza di urlare "DIO PERDONA I MIEI PECCATI TI PREGO DIO LIBERAMI DAL MALE."
Non mi fotte che chiedi perdono a Dio, o a mia moglie, o a me, figlio di puttana. Volevo solo guardarti in faccia, perchè mi eccitava il pensiero di farlo. Non sono un cavaliere che uccide il mostro.
Sono l'uomo nero, mostro sotto il letto, e tu oggi hai perso.

Poi gli ho sparato in testa, ho visto il suo cervello sparso in giro insieme a pezzi di cranio e sangue, un buco perfetto. Raccolgo la foto di Delilah su cui ti spippottavi come un maiale, poi ti trascino sotto il letto: è quello il tuo posto, no?
Riempio il letto di benzina. E finalmente accendo quella dannata sigaretta, ho la testa dolorante, come avessero sparato a me: in fin dei conti sei fortunato, Adam. Non potrai più avere il mal di testa.
Aspetto che l'anima della Ganesha diventi rossa, poi la lancio sul letto. Le coperte prendono fuoco.
Per finire il falò ci butto dentro il disegno di Delilah, l'unico che ha fatto di te, credo. Un mostriciattolo nero con la faccia rossa. Non ti somigliava per niente.
Me ne esco mentre il fuoco continua a divampare. Effettivamente niente più mal di testa.
Ora va tutto bene.
Quando torno a New London mi vado a fare un goccio.

lunedì 22 settembre 2014

Dragoste

Mi hanno detto "Sei nel fiume." Nuota.
E allora ho detto .
Non è stata la prima volta, però secondo M. immergersi a nuova vita lava via tutta la lordura. Si fanno nuove promesse. E mentre mi immergevo ho ricordato gli occhi di Rox.
Ho morso le labbra, non ho urlato. Mi è entrata acqua nelle narici. Ti dibatti nell'acqua  e poi ti tirano su, come i bambini quando nascono.
Ero un marito. Ero un padre. Ero un fantasma senza faccia.
E ora? Chi cazzo sono, io, D.?
L'uomo nero che per amore tuo ucciderà il tuo personale Mostro sotto il Letto?
Uccidere è quello che so fare meglio. Il miglior regalo che ti posso fare è dargli una morte orrenda.
Sono in viaggio per New London. Quando questa storia finirà, non mi rivedrai. Volerò a Spartaca, D.
Salutami tutti quelli che non sono riuscito a salutare.
Bacia sulla fronte mio nipote T.
Ringrazia Miss V. e la sua bambina con gli occhi da adulta.
Fa' di tutto per capire se A. , il mio vecchio vicino, è reale o solo un fantasma. Anzi, non lo fare. Se è un fantasma, te lo regalo. E' il pizzico di follia che aiuta. E' per te.
Salutami M. Ringraziala ancora per il regalo che ci ha fatto. Dille di imparare a nuotare.
Non so se tornerò. So che quello che sto facendo lo devo fare.
E potrai finalmente guardare senza paura il buio sotto il tuo letto. Amore mio.

martedì 16 settembre 2014

Sper că

Sposami.
Ti ho detto "Sposami".
Ora ho preso il tempo che mi avevi chiesto e l'ho accartocciato. L'ho strappato, fatto a pezzi, distrutto. L'ho reso inservibile.
"Scappa."
V. era seria quando me l'ha detto. "Scappa con lei, vai su un altro sistema solare, non tornare mai più."
"." hai detto "Ti voglio."
Ci morirei, sulle tue labbra. Eppure quando le sfioro mi pare di poter vivere per sempre. Di essere immortale. Di poterti dare qualcosa invece di prendere e basta.
Non è giusto prendere?
V. oggi aveva una speranza. V. oggi era la speranza. Era bella. Mi stordiva starla a guardare. Lei ci credeva davvero, era calda. Calda e viva come te.
L'ho lasciata andare. Quella speranza non mi appartiene, non è mia.
Non. Devo. Volerla.

D. è te che desidero. Devo ricordarmi questo per renderti felice.
"Tu ci credi, al lieto fine?"
Tu lo vuoi, D. , nel tuo mondo tu desideri il lieto fine. E io te lo darò , anche se non ci credo.
Non mi sono mai chiesto perchè hai scelto me. Non ho mai avuto alcun dubbio al riguardo. Ci siamo trovati, riconosciuti e ci siamo presi.

Qualcuno ha fatto del male a mio nipote. So che non è davvero mio nipote, ma quello di qualcun altro: non vorrei così bene a qualunque creatura fosse uscita dai lombi di mio fratello.
Qualcuno ha fatto del male a mio nipote. Voglio sapere di chi si tratta. Voglio sapere di chi si tratta e fargli avere mal di testa. Tipo per tutta la vita.
T. lo sto facendo portare al sicuro. A. si prenderà cura di lui. E anche il mio dio personale, quello che mi ha ridato la faccia. Voglio che T. sia al matrimonio. Come testimone.

Voglio portarti via, D. Voglio dimenticare quello che sono. Voglio che tu mi aiuti a fingere di essere una brav'uomo. Fino a quando l'incantesimo non verrà rottoFino a quando mi aiuterai a portare il peso della mia nuova maschera di carne.

Flash.
Hotel. Capital City.
Sono appena tornato dal Bolden Sax. Eccomi davanti allo specchio. Sfioro barba ispida sul mento. Quasi non c'ero più abituato. Cresce male però, cresce a chiazze. La devo sempre tagliare via tutta.
Flash.
Penso alla speranza. Vedo l'estasi. La voglio.
Flash.
Afferro il rasoio e taglio. Profondo, lungo tutta la guancia. Sangue dentro il lavandino. Sangue sulla mia faccia.
Ma non c'è più speranza. Non c'è più niente. Solo il dolore.
Flash !
Sorrido a metà. Ti darò la vita che vuoi, amore mio. Mi frenerò fino a quanto posso.
Perchè tu possa fingere di aver dimenticato che hai dato tutto, corpo e anima, a un mostro.

giovedì 11 settembre 2014

DOAMNA

Mi hai chiesto più tempo.
Ma con quale coraggio? Come hai potuto? Quanto tempo ti ho già dato?
Mi dici che ho il tuo corpo, che ho la tua anima. Non mi pare, così.
Di che altro hai bisogno per uscire da quel covo di serpi e figli di puttana? Ti opprimono con le loro aspettative, ti uccidono tutte le volte che lambiscono il tuo sguardo. Ti invidiano.
E tu sei mia. Perchè io ti voglio. Ho bisogno di te.
Tu sei mia, non loro. Non hanno il diritto.
E tu , mi chiedi più tempo.
Ti ho detto che nessuno, nemmeno te stessa, potrà mai mettersi tra te e me. Che voglio essere libero di urlare quello che mi hai costretto a dirti di nascosto, in camera mia. Perchè io ho addosso un pezzo di te. E non è abbastanza, non è mai abbastanza.
The Queen has Fallen.
Non con me.
Ho mal di testa, ho davvero poca pazienza, sono a metà della seconda bottiglia di gin. Cerco di ricordarmi il colore degli occhi di Rox, mi viene solo in mente il verde smeraldo.
The Queen has Fallen.
Il tempo sta scorrendo. Usalo bene, il poco che ti resta.
Perchè quando suona il gong, se tu non vieni da me, arrivo, ti prendo e ti porto via.

domenica 31 agosto 2014

BIR KURVE

"Al, sei un lurido bastardo."
Sì, Viktor, fottuto insipido verme che ho per fratello, sì: avevi ragione.
Ancora una volta.

Ma quante cose scordiamo nella nostra vita?
Pensavo di non dimenticare niente. Eppure mi trovo con i buchi di memoria più assurdi.
Fermati, fermati, fermati: so che non sto bene. Ma diamine. Non pensavo così
Io scordo le cose, cazzo.


Ho mandato via S. , così la dimentico. In fin dei conti le ho fatto del bene, no? L'ho liberata, adesso è libera di tornare dalla sua luna. O da quello là che suona il violino.
O magari l'ho lasciata libera di ammazzarsi. L'ho già salvata una volta, due volte, nemmeno mi ha ringraziato. Per quello che mi riguarda può andare a farsi fottere.

"Al, sei un lurido bastardo."

Sta' zitto Vik!
Colpi contro la tempia. E' la mia tempia, a colpirla è la mia mano. Andiamo bene, di bene in meglio.
Ma ti immagini, tra poco dimentico S. DI NUOVO. La cosa mi fa curioso e nervoso. No, non mi spaventa.

Mi sono spaventato quando ho visto Lei. E' bella, lo sai.  In realtà non è nemmeno di pietra. E' tutta bianca, ma è vera. Buffo che l'unica che io abbia mai amato non mi amerà mai.
Le ho chiesto di esserci quando morirò. Di essere i miei occhi. Ma io lo so che sparo cazzate a raffica. Ma quando c'è lei non le contengo. Buona, questa.
Vorrei del gin. Se Gus viene a trovarmi gliene chiedo un po'. Magari va' pure a prendermelo.
Secondo me quello c'ha la maschera appesa in camera. Non so che schifo ci combina, ma questo è certo: non la toccherei per niente al mondo.

"Al, sei un lurido bastardo."
"Bella, questa."

Ho pensato molto a D. , a quello che provo per lei. Ci ho pensato mentre vomitavo bile distruggendomi i palmi sui cocci di vetro. Perchè è il mio sport, sembra.
Mio e di Gus. Poi ci ho ripensato quando mi hanno fatto una steccatura di fortuna. E ci ho pensato ancora a denti stretti mentre cercavo un fottutissimo bisturi che nessuno ha lasciato nella stanza, perchè avevo voglia di vedere scorrere del sangue.
Ho pensato a D. Perchè sai, lei mi ama, e io le ho detto di amarla.
Lei mi ama. Ti amo. Qualche volta vorrei uccidere S.
No, D.
Qualche volta vorrei staccarmi la faccia a morsi.
Aveva ragione Viktor.

"Al, sei un lurido bastardo."

Perchè Viktor mi diceva così quando giocavamo e lo spezzavo di botte. Mi innervosiva, il mio fratellino grande. Quanto era piccolo. Debole. Inadatto alla vita. Così è diventato un intercalare tra il mio cazzo di nome e il mio cazzo di appellativo.

"Al-Lurido-Bastardo."

Al, sei un lurido bastardo.

Suona bene. Poi me lo faccio scrivere sulla tomba. Grazie, Viktor. Vai a farti fottere, fratello. 

venerdì 22 agosto 2014

LULLABY

Una sera mia madre mi ha raccontato una storia.
Sì, mia madre mi raccontava le storie, e me ne ha raccontate tantissime quando ero piccolo.
Quella sera c'ero io e c'era mio fratello Viktor. La ascoltavamo tutti e due, ma ero sempre io a rimanere sveglio fino alla fine.
Così com'ero io a chiedere una storia diversa ogni sera. A Viktor non importava poi molto.

Non ricordo il pianeta dov'è ambientata questa storia. Poco importa, no?
Comincia di notte. Mamma e papà stanno dormendo. Il bambino ha scritto una letterina a Babbo Natale. E lo sta aspettando sveglio. Questa volta lo vedrà. Vuole consegnargliela di persona, la letterina.
E d'un tratto, rumori in salotto. Cammina lento, in punta di piedi, fa attenzione perchè non vuole farlo scappare.
Ed effettivamente c'è qualcuno. Sta fumando una sigaretta, è seduto su una poltrona, e ai piedi ha una tanica. Che ci fa qui la tanica di benzina per il trattore di papà?
 - Ciao, Georgie. - saluta Babbo Natale.
 - Ciao, Babbo Natale. - risponde Georgie.
 - Sei stato buono, Georgie? -
Non riesce a vedere la faccia dell'uomo sulla poltrona. Nè si vuole avvicinare. Sente solo la sua voce roca e il profumo di nicotina che emana.
L'uomo cicca a terra. Georgie sgrana gli occhi. A papà non piace il fumo dentro casa.
Però gliela tende lo stesso, la letterina.
 - Mamma e papà mi hanno detto che non esistevi. - però sorride, ingenuo , stupido bambino - Però la letterina te l'ho scritta lo stesso. Io lo sapevo che esistevi davvero. -
E Babbo Natale se la ride sulla poltrona. Se la ride a voce bassa, roca. Non è la risata di Babbo Natale, non come Georgie se l'aspettava. Però va bene così.
Allora l'uomo sulla poltrona si alza. Apre la tanica di benzina. Ne getta un po' sulla poltrona, ne getta un altro po' sull'albero di Natale.
Il caminetto è acceso.
 - I tuoi genitori non sono stati buoni, Georgie, a dirti che non esisto, non credi? -
Georgie scuote piano la testa.
 - Mamma e papà sono grandi. Loro non ricordano. -
Tuinveceseiunpiccolostupidoillusoeiotiodio.
Ride di nuovo, l'uomo nell'ombra, che continua a spargere benzina. Quanto puzza, la benzina. La sparge un po' per tutto il salotto.
Ormai la sigaretta è finita da tempo. L'uomo con il viso nell'ombra è un segmento che volteggia con la sua tanica di benzina. Quando si volta a guardare Georgie, chissà perchè il bambino sta piangendo. E' un pianto silenzioso, non se ne era nemmeno accorto.
 - Buon Dio, Georgie, che hai adesso? - voce scocciata. Chenoiastronzettodiunmoccioso.
E Georgie non sa rispondere. C'è qualcosa che non va, evidentemente, e chissà cos'è. Non lo sa proprio spiegare. Eppure non riesce a scappare via da quel segmento nero.
Non ha voce per avvertire la mamma e il papà.
Allora l'uomo con il viso nell'ombra solleva Georgie in braccio come fosse un fuscello.
 - Sei stato buono, Georgie. Non mi hai dato noia. Babbo ha una buona notizia per te. -
Forse sorride. Georgie riesce a intravedere un baluginio dove dovrebbero essere gli occhi, e un luccichio tra i denti.
 - Sarai l'unico spettatore e sopravvissuto - si cava di tasca un accendino con la mano libera. Si accende anche una sigaretta e tira una boccata di fumo. Si porta con Georgie all'uscita.
- Dicevo, l'unico spettatore e sopravvissuto - apre la porta - al devastante incendio che ha tolto la vita a mamma e papà! -
Getta la sigaretta a terra.
E tutto è fuoco.
 - Merry fucking Christmas, Georgie. -

Una storia un po' triste, davvero. Ma forse sapete, non me l'ha nemmeno raccontata mia madre.
Forse me l'ha raccontata qualcun altro.
Non riesco proprio a ricordare chi. Chissà quanto ha pianto, Georgie.
Saranno state buone le sue lacrime?
BOOM, BABY.

mercoledì 20 agosto 2014

CRYING ON THE SCALES

"È il solstizio d'inverno e il pettirosso, amico dell'uomo, si posa a cantare sul manico di una vanga da giardino. Non c'è momento peggiore dell'anno per i lupi, ma questa bambina testarda insiste a voler passare dal bosco. È certa che le bestie feroci non le faranno alcun male, anche se non è mancato chi la mettesse in guardia."

Io sono il tuo incubo.
Tu sei l'unica di cui io, l'incubo, abbia paura. Sei la prima cicatrice che questa bocca nuova ha sfiorato. E te l'ho fatta io.
Mi hai carezzato come se fossi una grossa bestia pericolosa. La bestia che ti ha fatto male , ma da cui non riesci ad allontanarti. Che potere ho io su di te? Che potere hai tu su di me?
Sento di aver bisogno di te, anche se sei una stupida illusa e probabilmente ti farò ancora più male.
Più male della morte?
Più male del suicidio che stavi per compiere?
Ho pianto di fronte a te. Ho provato il tuo dolore, avevo le guance bagnate di lacrime e quelle lacrime erano le tue, quelle che ormai tu non hai più.
Ma non sento di dovermi dispiacere. Non provo alcuna pietà. Quelle cose che ho fatto, te le farei dieci, cento, mille volte, se potessi. E' bellissimo crogiolarsi in questi pensieri.
Sono un mostro? Tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto per terrore. Terrore di te.
Non ricordo cosa ti ho fatto. Puoi raccontarmelo dieci, cento, mille volte? Mi piacerà.
Posso decidere se farti vivere o ucciderti?
Per adesso ho solo bisogno che tu mi stia accanto. Ho bisogno dei tuoi tremiti e delle tue ossa.
Ho bisogno di te, perchè sai di buono, e perchè di te ho paura, ma non so perchè non riesco a starti lontano.
Ti senti tormentata? Credo di no. Ti piace tremare sotto il tocco delle mie mani e piegarti, tenderti come un fuscello?
Non hai idea di quanto io mi senta tormentato da te.

venerdì 15 agosto 2014

VIS

[Scritto da una mano che probabilmente nemmeno vedeva quello che stava facendo. Parole disordinate, caotiche; di sbieco su un foglio troppo piccolo.]

I hate it when you accidentally
pick off a bit of dead skin on your lip
and you can'__t stop
'til you've peeled your entire | face offffffffff

domenica 10 agosto 2014

NIMIC

Ho sempre voluto sapere cosa vedesse una dea.
Le tue orbite vuote: l'ultima cosa che ho scorto prima del dolore.

E poi è finita.
Niente più tu. Niente più me , o i tuoi occhi.
Niente più me.
Solo buio profondo, la tua maledizione.
Urlo. Sono in un tunnel, non c'è niente attorno a me.
L'acqua che gocciola è sangue.
Così buio, oltre le iridi di una dea.

"Non voglio essere dimenticata. Non voglio vedere il mio volto cancellato."
"Non voglio gomme, solo segni che oscurano, che intersecano altri segni."

Confusione. No, nulla.
Il nulla non è già più nulla.

"Non abbandonarmi."

Chiamo il nulla e lo perdo.

[Sull'orlo della pagina, scritto così in piccolo che si fatica a leggere]
Ricordo cose che non ho mai vissuto, e dimentico volti che non dovrei dimenticare. D, ho bisogno di vederti. Devo sapere che non mi sfuggirai anche tu tra le dita come sabbia.


[Strappa il foglio. Lo strappa fino a quando ogni parola non diventa un universo a sè.]

martedì 5 agosto 2014

SPECULUM

[Scritto su un foglietto lacerato a metà.]

Ho provato a guardarmi allo specchio. Mi sono chiesto se M. avesse ragione: avevo il dubbio che forse tutti possiamo essere perdonati dopo aver subito le stesse sofferenze di Cristo.
Ero solo nella mia stanza. Ho tolto la copertura. Anche io ero a viso scoperto.
Non ho visto niente.
Non c'era riflesso lì. Io non c'ero.
M., non c'ero. Non merito di essere riflesso da uno specchio?
Cosa vuole dirmi Dio?
Mi sono guardato le mani: tremavano. Le ho poggiate contro la superficie di vetro.
Hanno navigato lì non so per quanto tempo.
Poi, lo specchio ha cominciato a colare gocce di sangue. Lo stesso che gocciolava dalle mani.
Ho guardato in basso. Ho visto il mio coltello.
Ho battuto i denti. Penso di aver sorriso. Ho leccato via il sangue.
Un giorno ucciderò un uomo, perchè ha deciso di stare dalla parte opposta alla mia.
Per adesso, faremo solo belle conversazioni.
Ho fame
. E il sangue era il... [L'altra parte del foglio è strappata via, esattamente a metà]

venerdì 25 luglio 2014

NOCERE

[Scritto su un foglio bucato, lasciato infilzato tra le palizzate di un cancello di Rose Red Road. A tratti è difficile leggere. Qualcuno ha cercato di cancellare l'inchiostro a ditate.]

Ti tendi.
[...] cerchi di nutrirmi. Mi dai tutto. Le tue ossa, la tua anima.
Sai che [...] a pezzettini, non ci sarà più niente.
Ti amo. Fino al giorno in cui [...]
E poi c'è una sola lettera. Una D. E tu [...] non farle male.
Come posso [...] senza ferire nessuno?
[Frase illeggibile]
Fammi ancora annusare la tua pelle.
D. tremava quando mi ha detto [...] solo me."
Io amo.
E' un modo malato di[...]?
Ho sangue tra le mani. Ho immagini di [...] che urla contro di me.
La bambina piange. Non ricordo [...] dopo. Chi sono io?
Perchè sono qui?
Perchè qualche ora dopo non ho inseguito Rox? Perchè non avevo [...] per baciarla.
 [...] più nessuno.
Ho fame. Ho voglia di [...] sulle ossa di S., di piegarle e [...] ma finirebbe tutto.
Non voglio farle male. Mi mette di fronte alla realtà. E questo mi uccide.
Mi uccide come D. [...] soqquadro.
Caos. E dove sono andati gli angeli? Un tempo ne avevo uno.
Sarà andato a morire? Era così bianca. Come si chiamava?
Devo fare l'operazione. [...] me.
Intanto posso tagliare la carne. Come mi pare.

Mi sono reso conto che nel bagno c'era molto sangue. Sangue sul lavandino. Sangue sul laccio emostatico e sui rasoi: ma chi li ha comprati i rasoi? Io non ce l'ho la barba. E chi l'ha messo il coltellino sul lavabo? Perchè c'è sangue?
Ho rotto lo specchio. Non capisco.

[L'ultimo capoverso è scritto di getto, la scrittura si incrina pericolosamente e si fa leggermente più arcuata e meno ordinata. C'è una ditata di inchiostro sull'ultima riga.]

mercoledì 16 luglio 2014

INFLAMARE

[Parte di un foglietto strappato, riaperto, poi strappato di nuovo. Mancano i lembi esterni. Gettato da qualche parte in un cestino.]

Fa schifo amarmi, mi hai detto.
Faccio schifo io.

E nel momento in cui l'hai fatto, ho saputo di essere vivo. Ne ho avuta l'assoluta, immane certezza.
Ho sentito adrenalina. E tutto il resto del corpo ha cominciato a formicolare. Braccia, mani, gambe, piedi.
Mal di testa. Non ci pensavo da tempo. Le guance mi dolevano, un dolore atroce da farmi rimbombare tutto sulle tempie come se un uomo fosse venuto a sbattermi la testa contro due tamburi.

Fa schifo amarti, Dead Man Walking.

E nel momento in cui l'hai detto, l'assoluta verità, io ho saputo che volevo darti ragione. Tu mi hai capito, S. Hai capito ogni cosa di me, hai annusato e riconosciuto ogni anfratto, ogni sentimento. Come se fosse roba tua.

Sembra come se ti vuoi nutrire di me.
Maybe.

Come voglio nutrirmi di tutti. Se mi date sentimenti, se li versate nel mio bicchiere, rabboccandolo in continuazione, io ho modo di vivere. Io mi sento umano.
Posso soffrire per voi. Posso battere i denti, sotto la maschera. Sorridere, S.
E tu l'hai capito. Ero terribilmente vivo.
Per questo ti ho ricompensato con la più vera tra le cose che ti potevo dire.

Ti ascoltiamo solo perchè il tuo amore e le tue attenzioni ci lusingano. Ci carezzi con i tuoi sentimenti. E basta.

Quell' "e basta", ha rimbombato dentro di te, e per un attimo, quando sei affondata nel fango, ho pensato che tu stessi per sfiorire e diventare polvere. Ti avrei raccolta, nel caso, sarebbe stata una bella scena. Non sai quanto avrei pianto, piccolo giudice in apnea.
E hai cominciato a piangere. Mi sono avvicinato a te e ti ho porto una fialetta.

Dammi una tua lacrima.

Tu non riesci a dire di no, quanto sei generosa - mi hai chiamato love, più volte, e io lo dico a te - love? Hai riempito la fialetta a metà. Ho dovuto trattenere un gemito di piacere.
Ti ho sfiorato le clavicole, mi sono congratulato con me stesso della tua magrezza acerba.
E sono andato via. Ti ho chiesto di continuare a respirare, per me. So che lo farai. So che continuerai ad amarmi perchè l'hai detto tu: non si può smettere di amare una persona come se fosse un vestito vecchio.
Questa sei tu.
E questo sono io.
Aggiungerò le tue lacrime alla collezione di cui godere, ai miei Baccanali personali. Non ti preoccupare, non verranno sprecate.
Aggiungerò le urla di piacere di D. nella mia stanza. Un giorno le farò bere le tue lacrime, piccola mia. D. ti vuole tanto bene. D. ti vuole proteggere: sai quanto sarebbe bello versarle le tue lacrime dritte nella bocca? Suona come ambrosia. Suon...
[La calligrafia arzigogolata e precisa si interrompe. Sotto, alla fine del foglio, ce n'è un'altra: una calligrafia ordinata, femminile, macchiata dalla fretta.]
You're sleeping.
It was just a crazy thing.
I remember, you, me and... what else?
Have to go...
[Il resto del foglietto è stato strappato, e non si riesce a leggere. E' tutto imbrattato di macchie rosse.

lunedì 14 luglio 2014

Bonus - Covo Sicuro

Locazione – Sobborghi, Dogtown.
Come ci si arriva – Stradina mediamente disastrata dei sobborghi. Lì c'è una serie di garage. Uno di questi è di proprietà di Alban. Poco lontano, c'è un altro garage, di proprietà di nessuno. Dal garage di Alban si passa, tramite un pannello segreto rimovibile (in legno) al garage abbandonato. Lì dentro c'è un quad vecchio e sporco, posto sopra un ponte sollevatore per auto. Per alzare il ponte serve una chiave particolare, che Alban porta sempre con sè.

Una volta sollevato il ponte, sotto il quad, saranno presenti dei pannelli di legno messi lì a mo' di pavimento. Rimuovendoli si accederà ad una porticina che, se aperta, porterà ad un piccolo ripostiglio sotterraneo. Nel ripostiglio, ingombro di attrezzi meccanici e chiudibile dall'interno, sotto una cassapanca, è presente una botola, con una scaletta che porta al rifugio.

Sistemi di sicurezza – Sensori termici e di movimento. Impianto di telecamere (la guardina è nel rifugio). Computer con possibilità di collegamento alla rete esterna. Centralina elettrica e idrica indipendente. Impianto di refrigerazione. Impianto antincendio (irrora acqua, senza suonare o luci di tal sorta).

Cosa c'è dentro – Nel rifugio vero e proprio non c'è molto spazio per l'estetica , quanto per la possibilità di resistere per più e più giorni lì dentro senza poter uscire. Ci sono un paio di brande, per dormire. Ci sono cambi di abiti, scorte di cibo in scatola e in polvere, e acqua, per due anni. C'è un computer. E ovviamente, in uno stanzino minuscolo diviso dal resto con del cartongesso, anche i servizi igienici e un tritarifiuti.

Ulteriori uscite – All'interno del rifugio, è presente un'altra porticina. Aprendola, sempre con la chiave, è possibile uscire dal rifugio e, tramite una serie di condotti, porta sul retro di una lavanderia a gettoni dei sobborghi, poco frequentata, lì nei pressi.

- L'unica copia, oltre all'originale, della chiave per accedere, è stata consegnata al pg Delilah Loverts. -

sabato 5 luglio 2014

ALB

[Scritto su un foglio volante stropicciato meticolosamente; trovato su uno scivolo vicino Red Rose Road, zona bene dei Sobborghi, Capital City]

Non avere paura. Essere coraggiosi.
Ero a in quella strada per lavoro. Stavo accompagnando uno.
"Devi semplicemente aspettarmi fuori dalla villa." , mi dice lui.
E io lo faccio. E' lavoro.
Chi lo può immaginare che mi si avvicina la stessa anima che qualche giorno fa mi ha dato dell'egoista?
Scorgo baluginio di biondo chiaro, e poi lei viene letteralmente vomitata fuori dalla villa di fianco alla mia.  E stava piangendo.

"Che ci fai qui?", mi dice.
"Lavoro. Che ci fai qui?"
"Io qui ci vivo."

Le offro un fazzoletto. Le dico "Soffiati il naso e asciugati gli occhi, magari non in quest'ordine.", e lei si asciuga gli occhi e dimentica di soffiarsi il naso. E chissà perchè ci mettiamo a parlare di metafisica e filosofia in mezzo alla notte.

"L'amore è un grido nel vuoto.", mi dice lei.
"No, l'amore è essere due. Se no è ossessione."
"No, l'amore è amare. Io ti amo anche se tu non mi ami."

Ma perchè diamine la pensate tutti così?

"Ma tu in che Dio credi, S.?", ti chiedo.
"Lo sai che questa domanda da parte tua è come un accoltellamento?"

Non c'è sorte.

"Lo sai che ci stiamo accoltellando a vicenda?" , le dico io.

Fuori sta sorgendo il sole. Tra canti popolari del Rim e vecchie canzoni non tanto religiose di New London.
I don't want to start any blasphemous rumors, but I think that God has a sick sense of humor, and when i die, I expect to find Him laughing.
"Allora me ne vado. Non voglio accoltellarti io che vivo nel dolore.", il discorso sta per finire.
Cerco di rimediare. "Pain makes us human. Non ho paura del dolore."
E hai sorriso, S. Il sorriso di chi sa.
"C'è differenza, tra non avere paura ed essere coraggiosi."
E sei andata via. Sei tornata in quella casa.

Non avere paura. Essere coraggiosi.
Non avere paura. Essere coraggiosi. Gridare nel vuoto.
Umani egoisti e morti che fanno male.
Vivere e scegliere di morire vivendo. Ma certo.


Ho chiuso i pugni stretti nelle tasche.

Non avere paura. Essere coraggiosi. Vivere anche nel dolore.
Ci sono tante cose che si agitano nella mia testa. Quando mi giro per dirlo a S., il Cortex Pad suona. Quando chiudo la conversazione, devo correre via.
Sole nascente. Dio è dietro quel sole, forse. E non guarda certo gli uomini.
O se sì, ha un orribile senso dell'umorismo.

lunedì 30 giugno 2014

INIMA BATE

[Scritto su un foglio volante, volato da chissà dove fin su una panchina appena fuori dal Tempio buddista]

Mia piccola L., mia pura essenza di vita,

Ho amato un angelo.

Un angelo che voleva morire. L'ho seguita, solo per godere dell'effetto della luce del santuario sulla sua pelle diafana.
Mi ha regalato un crisantemo, e io l'ho sgualcito tra le dita.
Ho colto ogni movimento delle sue iridi senza colore.
Ho tremato, ho cercato ovunque per seguire i suoi passi da lontano. Li ho solcati.
Ho toccato dove le sue mani si sono soffermate.

L'ho vista ovunque, perchè mi ha sconvolto il suo essere così
bianca e decadente.
E viva e morta insieme.
Perchè? Perchè gli angeli dovrebbero voler morire?
Che angelo sbagliato.

"Tu non sei un prisma."
Le ho fatto male. Meno male di quanto già lei si facesse di solito. Allora le ho porto il coltello.
E lei non mi ha colpito. Mi ha perdonato.
Non è un prisma. E' una santa.

"Anche Lucifero era un angelo." , mi hai detto , mia piccola L.
Sì, è vero.
Allora lei dev'essere la mia prova.
Allora lei può essere salvata.

Non sarò io a condannarmi. Io ho vissuto un miracolo.
Sarà Dio a farmi precipitare.
Ogni volta che sono con lei, sento di fare un torto a Rox.
Ma non posso fare a meno di lei.

Dio, perchè ho amato un angelo?
Tu non operi nel nostro universo. Tu giudichi e condanni. E allora, perchè ho fatto questo?
Pensavo che da morto sarei stato forte. Granitico.

Sono più debole di prima.
E il mio cuore, qualche volta, lo sento battere.

L., ho davvero così paura di scivolare via?

DOVE E' LEI?

lunedì 23 giugno 2014

INGER

[Scritto su un foglio di carta volante, appallottolato e lanciato dall'alto di un palazzo transennato dei sobborghi]

Le rocce sono granitiche eppure anche loro si sfaldano. Si tratta solo di aspettare un po' di più.
 "Tu sei un eroe romantico, l'ultimo eroe romantico. Un giorno morirai da tale e dovrò cercarmi un altro capo della sicurezza ma, si fotta il mondo, so che morirai con stile. Sei anche il mio eroe." 

No, no, ti sbagli, A. Non sono un eroe.
Sono solo morto solo, senza faccia, dopo essermi guardato allo specchio.
E oggi lo sai cosa credo? Che dopotutto l'avrei potuta tagliare io, la mia faccia.

Forse. Forse sì.
Ho preso un coltello, e sono andato allo specchio. Ero disperato, perchè Rox ed Elissa erano scomparse. E lo specchio offuscava i miei contorni e io ho deciso che dovevo cambiare.
Perchè era tutto oscuro lì attorno: avevo perso la mia famiglia.
Meritavo di cadere giù.
Giù dalla grazia del Signore.

Fall from grace.
E di portarne per sempre i segni.
E ho preso il coltello. E ho tagliato la carne a tocchetti. Lo sai che la guancia è la parte più morbida?
Viene via che è un piacere. E' come per le pellicine delle unghie. Una volta che cominci non puoi smettere, ti fa male eppure rimani ipnotizzato.


I was sad.

Mi sono aperto un sorriso perenne che nemmeno ti immagini. Un sorriso perenne sulla mia bella faccia di cazzo.
Oggi va così. Me la sono tagliata. Domani chissà che penserò.
E poi ho detto ad A. "Vuoi che ti porti il mio dono? Ti piace, la tua faccia?"
Vuol dire che dovrei mangiare la faccia di A.? Per dargli alla fine la Retribution?

I call it Retribution.
A. ha detto
"La Retribuzione arriva per tutti prima o poi, non puoi scappare, non puoi combattere, devi solo accettarla."
No. Non è Retribuzione. E' castigo. E se tutti peccano, tutti meritano l'Inferno.
Vivi. Morti. E angeli.

Rido.